Letture di viaggio... prima della fine del mondo

. giovedì 13 dicembre 2012
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La recensione delle Pause (Mimesis) sulla Stampa

Consigli di lettura del mese di dicembre Libri per viaggiatori di Irene Cabiati irene.cabiati@lastampa.it
ESPLORATORI DEL SILENZIO Un tecnico e una filosofa come guide per un viaggio nel silenzio. Lui, Sergio Cingolani, è un esperto di acustica ambientale e architettonica e, fra l’altro, ha esplorato il silenzio monastico e l’acustica dei luoghi di culto. Lei, Nicoletta Polla-Mattiot, giornalista e saggista, è curatrice del Festival del Silenzio ed è cofondatrice, insieme con Duccio Demetrio, dell’Accademia del Silenzio. Il presupposto è il frastuono di voci e di rumori a cui siamo sottoposti in maniera così sistematica da non riuscire, talvolta, a sopportare le pause fra un rumore e l’altro. E’ un viaggio appassionante perché non ha una meta precisa, ciascuno può scegliere il proprio approdo. Potrebbe essere la consapevolezza: ci aiuta a capire chi siamo e che tipo di relazione riusciamo a instaurare con l’ambiente e con le persone. Condizioni indispensabili per viaggiatori-esploratori. Il tecnico racconta il rumore. Quel gigante invisibile che ci imprigiona con il suo bozzolo di decibel intessuto di voci e di strumenti. Capita che per liberarcene, per uscire dal frastuono e imporre la nostra presenza, urliamo più forte. «Oggi – scrive Cingolani - sembra che la ricerca del rumore sia il sostituto di una mancanza di presenza e di partecipazione con la quale si tende a superare l’angoscia della morte». Morire è anche non riuscire a farsi ascoltare, morire è anche non riuscire ad ascoltare le vibrazioni del silenzio. In viaggio con Cingolani entriamo nel corpo per perlustrare il sistema fonatorio, voliamo nello spazio a caccia di voci primordiali, saliamo e scendiamole scale di decibel, visitiamo i luoghi del silenzio dai monasteri alle sale di registrazione ai deserti, al bagno penale della Cayenna , sfioriamo le pagine dei libri e i depliant di amene località turistiche fino al confronto con l’arte che si espone. È muta ma riesce a far scaturire le voci dell’anima. Scopriamo che il silenzio assoluto non esiste e che forse quello che più ci attrae e ci atterrisce è il silenzio di Dio: non ne conosciamo il suono ma ad esso attribuiamo sonore lezioni di vita. Alla fine di questa esplorazione sembra di non aver raggiunto alcuna meta. La domanda fondamentale è : dove vogliamo andare? Ci aiuta a scoprirlo Nicoletta Polla Mattiot. Accompagnati dal pensiero di poeti, scrittori e filosofi, percorriamo un itinerario di sette tappe, le Pause, un percorso di avvicinamento non al silenzio perfetto «che non appartiene all’esperienza umana» ma al riconoscimento della qualità del silenzio( il silenzio ovattato e il silenzio di ghiaccio, il silenzio sottile e il muro di silenzio) e agli effetti che produce. Sono i passi necessari per arrivare alla meta più ardita, l’ascolto, l’esercizio più difficile perchè impone il confronto con se stessi e con gli altri. L’autrice suggerisce di imparare a «raccogliere» perchè «esistono qualità diverse del silenzio da cogliere» e raccogliere silenzi significa esercitare la percezione dei cinque sensi: quindi l’odore, la forma, il colore, il suono, il sapore del silenzio. Imparare a dire ma soprattutto a tacere per riconoscere il valore della detonazione delle emozioni. Imparare a sopportare i dolori, quelli che ci fanno restare senza parole, il più insopportabile dei quali non è la morte ma la perdita di identità. PAUSE. SETTE OASI DI SOSTA SULL’ORIZZONTE DEL SILENZIO di Nicoletta Polla Mattiot, Mimesis, 4,90 euro PER UNA STORIA DEL SILENZIO di Stefano Cingolani, Mursia, 154 pagine,11 euro Letture di viaggio... prima della fine del mondo

Folla di voci

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Scrive Laura Bosio, su Avvenire (7-dicembre-2012) Siamo frastornati di parole, ovunque e comunque. Persino sul silenzio, che invochiamo come una liberazione, non facciamo che parlare. Affoghiamo nelle parole, sostenendo tutto e il contrario di tutto, magari nell'arco di pochi mesi, o giorni. Viene da pensare a Lord Chandos,il personaggio del racconto omonimo di Hugo von Hofmannsthal, e alla sua Lettera: un manifesto, ha scritto Claudio Magris "del deliquio della parola e del naufragio dell'io nel convulso e indistinto fluire delle cose non più nominabili e dominabili dal linguaggio". Il protagonista sente di non poter più scrivere perché nessuna parola gli sembra oggettiva, aderente alla realtà. Ma il problema non è tanto la sua esperienza individuale, la progressiva repulsione per i concetti astratti, che paragona a "funghi ammuffiti"; e non è nemmeno il silenzio della realtà. Quello su cui si interroga, fino alla paralisi e alla rinuncia a ogni attività letteraria, è l'affollamento delle voci, che ogni giorno si moltiplicano e lo assalgono, fuori e dentro di lui. "Il mio caso in breve è questo: ho perduto ogni facoltà di pensare o di parlare coerentemente su qualsiasi argomento". Lo scriveva all'inizio del Novecento e leggerlo oggi dà la vertigine. Un secolo dopo quel suo "caso" non è diventata la condizione di tutti noi?

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Due mani non bastano (www.duemaninonbastano.it)
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