il silenzio è come l'urlo di Munch. Solitudine e vuoto siderale. Un quasi sordo terrorizzato.
il silenzio è una perla nell'ostrica. Chi riesce a trovarla scopre un tesoro.
il silenzio,sfrondato anche del suo stesso nome, pone l'uomo in una ricerca di se stesso non condizionata ed illimitata ai fini di una evasione dal contingente verso l'interrogativo assoluto.
pensieri
Il dono del silenzio
Vi è un detto "Le parole sono preziose, ma più prezioso è il silenzio". Il silenzio è un dono che ci è stato fatto e, per questa ragione, bisogna sfruttarlo.
Ma come? Siamo circondati dai rumori: le macchine, la musica, la folla, la tv, la radio e una miriade di altre cose. Non c'è silenzio intorno a noi, tutto contribuisce ad una sorta di rumore continuo. Pitagora, per citare un filosofo, credeva che il silenzio fosse una creazione della nostra mente. Diceva, infatti, che il mondo fosse pervaso da una musica eterna che, a furia di sentire, ci dimentichiamo che esista. E se un giorno riuscissimo a sentire questa melodia?
Noi siamo nella stessa situazione: il silenzio esiste ed è sempre esistito, ma ci siamo dimenticati di lui con tutti questi rumori. Se noi riuscissimo a far finta di non sentire più tutti quei suoni che ci circondano, forse potremmo trovare il silenzio e capire finalmente ciò che fa di lui un dono prezioso.
il coro muto
Etichette: butterfly, coro, paradisociao sono butterfly
Il silenzio è come il coro muto. Quando"lo senti" hai un pezzo di paradiso. D'accordo?
b. B.
Etichette: rumoreSta per big Bang. Gli scienziati hanno pensato: "In principio era un rumoroso casino". Mettiamo che abbiano ragione. Perché dobbiamo aggiungere rumori? Crediamo di allontanare le fine?
il paradosso
Pubblicato da
tacito
alle
09:56
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ieri sera una piccola "folla" silenziosa si è ritrovata nello spazio Tadini per assistere (o ascoltare?) al paradosso del silenzio. E' stato presentato il libro che raccoglie le esperienze del festival del silenzio.
Un assaggio delle tante possibilità di parlare/comunicare tacendo.
La scoperta continua qui sul blog e sul sito del silenzio!
Ecco i relatori: Laura Tonatto, Nicoletta Polla-Mattiot, Anna Folli, Luigi Perissinotto, Francesca Rigotti
le orecchie e le palpebre
Etichette: chiudere, occhi, palpebre, rumore, vistaBreve riflessione del mattino (quando insieme a me si risveglia anche: il traffico, i vicini, il camion della raccolta vetro, i clacson delle auto in coda dietro il camion della raccolta vetro…): perché le orecchie non hanno palpebre?
Si può chiudere all’istante gli occhi per ribrezzo, paura, raccapriccio e invece ci tocca sentire sempre. Certo, non ascoltare. E’ più facile distogliere l’attenzione dai suoni che dalle immagini, mandarle in sottofondo pensando ad altro. Ma questo non significa escluderle.
Insomma, è più facile fare buio che fare silenzio.
Secoli fa, leggendo “Un altare per la madre”, mi aveva tanto colpito il ragazzino che giocava a nascondino: chiudeva gli occhi e pensava di non essere visto. E se chiudo la bocca perché tutto intorno non si fa silenzio?
Sempre in movimento
Etichette: disturbare, folla, volumeSono sempre in movimento: la stasi mi fa paura. Anche il silenzio l’ho temuto, per molto tempo. Le due cose suscitavano in me l’horror vacui, perché nel vuoto sei da solo. E non mi è mai piaciuto stare da sola. Sono una comunicatrice, e credo sia questo il motivo per cui ho imparato diverse lingue: per moltiplicare le possibilità di comunicare, per essere connessa con il maggior numero di persone possibile. È la ragione per cui controllo la posta, sul computer e sul cellulare, in maniera ossessiva. Temo il silenzio da parte degli altri, l’interruzione del flusso di comunicazioni, come se potesse negare la mia stessa identità. Ma stare in movimento implica usare molti mezzi di trasporto: aerei, treni, autobus, metropolitane. Mezzi affollati di gente che non tace mai. Le loro suonerie squillano all’impazzata, con buona pace delle Ferrovie dello Stato che raccomandano di non disturbare gli altri viaggiatori. I loro saluti sgraziati sono urlati al cellulare non appena l’aereo tocca terra, con buona pace delle compagnie aeree che raccomandano di accenderli solo dopo l’apertura delle porte. Scampoli di conversazioni insignificanti, che violentano i padiglioni auricolari, vengono
seminati su autobus, tram, metropolitane. Non c’è tregua all’invasione di parole: per strada, negli uffici, persino sui social network, dove si chatta, non si parla, ma è lo stesso. Amo le parole, ma ho capito che non posso esserne riempita costantemente. Perché io le parole non mi limito ad sentirle: le ascolto. Seguo i fili delle conversazioni che si disegnano per aria, tutti i fili esistenti, finché nella mia mente si crea una matassa che occupa tutto lo spazio e non ne lascia per i pensieri. Così loro, per farsi riconoscere, alzano il volume. E il risultato è che non riesco a dormire. È da quando soffro di insonnia che ho scoperto il silenzio, ho iniziato a frequentarlo, a scoprirne la bellezza. È da quando cerco il silenzio che ho cominciato a meditare. Entrare dentro di me, mettere la sordina al rumore del mondo, e della mia stessa mente, fino a percepire solo quello del respiro. Per accorgermi che oltre le parole c’è altro: emozioni che vibrano sottilmente, desideri, paure, pulsioni che nel frastuono non si possono sentire. Persino la comunicazione, che mi sta tanto a cuore, conosce altre forme, oltre a quella verbale. Ma è impossibile riconoscerne i codici, finché non c’è silenzio: fuori e soprattutto dentro.
a me piace il silenzio
Doverosa premessa: non sono solo di parte, di più.
Ho scritto libri sul silenzio (saggi, articoli…), sono il curatore scientifico di un festival (sì, proprio un festival del silenzio: www.festivaldelsilenzio.org), mi piace la retorica (quella che serve a vestire il linguaggio, non a svuotarlo), sono una grande ascoltatrice (molto più che osservatrice), considero sacri i segreti e custodisco quelli degli amici meglio di Tacita Muta (che, per inciso, era senza lingua. I Romani non andavano tanto per il sottile con le loro dee, tanto più con quelle del silenzio).
Seconda premessa: quando ho scritto il mio tacito manifesto, quasi vent’anni fa, mi credevo sola al mondo (dei rumorosi) e paladina di un’idea molto originale: che tacere potesse essere un potente strumento di comunicazione, emotivo, persino eversivo. Col tempo ho scoperto che a studiare il silenzio siamo in tanti, più e meno esperti, e che, prima o poi, tutti abbiamo fatto i conti con il vuoto, il non detto, quello che avremmo fatto meglio a non esprimere o a non sentire. Insomma, se le parole sono importanti, quelle omesse, taciute, mancate, lo sono altrettanto.
Terzo avviso: se siete di quelli con l’ipod perennemente acceso, che appena svegli si attaccano alla prima fonte di suoni raggiungibile (radio? tv? cellulare? Skype?)… prima di passare oltre, state a sentire. Il suono più debole che le nostre orecchie possono avvertire corrisponde a una vibrazione del timpano piccola come un brivido, o un battito di ciglia. Bello no?
Io non sono aprioristicamente contro l’inquinamento acustico né tanto meno contro i suoni (che si tengono per mano alle pause). Ed è questo il punto: lo spazio TRA, quell’essere in mezzo, fra ciò che è già stato detto, udito e quello che sta per esserlo, ma potrebbe anche non accadere mai.
Shakespeare sostiene che “ascoltare con gli occhi appartiene al fine ingegno dell’amore”. Il silenzio è un buon punto di osservazione.
Tanto per cominciare…