Esperimenti di silenzio (digitale)

. martedì 28 febbraio 2012
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Ecco l'esperimento di Beppe Severgnini di silenzio digitale (pubblicato recentemente dal Corriere della Sera), dove fa la sua comparsa anche l'Accademia del silenzio... Andate a vedere l'ultimo giorno di digiuno da mail&tablet, mercoledì 15 febbraio...

Diario di una settimana all'antica: disintossicazione digitale di un iperconnesso
SETTE GIORNI FUORI RETE
Ansie, paure, sorprese: il mio esperimento senza Twitter, blog e iPad

Per cominciare, ordine e organizzazione. Bloccare 3G su iPhone, spegnere Wi-fi, consegnare iPad a figlio diciannovenne, che provvederà a farlo sparire per una settimana (teatralmente e sadicamente). Staccare cavo di Rete. Preparare risposta automatica per email.
Sarò offline fino a giovedì 16 febbraio 2012. In caso di necessità, scrivete a…
I shall be offline until Thursday 16th February 2012. Please refer any queries to
Non solo. Se astinenza dev’essere, astinenza sia: chiudo il blog «Italians», per la prima volta dal 1998. Poco prima di mezzanotte, scrivo a 177.833 persone su Twitter: Test di dipendenza da Internet. Da domani, offline per una settimana (no Tw, no blog, no mail, no web). Poi vi racconto.
Le prime risposte sono immediate e poco incoraggianti.
Ale_Ceci Intanto si parte già col classico «comincio domani», modello dieta…
LindaLaPosta porta con te il metadone. Non si sa mai.
CaterinaLanfra1 ma proprio OGGI che ho deciso di seguirla su TW?
danworks vai sull’Isola dei Famosi?
PaoloSgobba auguri! Credo sia più facile smettere di fumare
P_D_Rose Ti do due gg. al max
iltrabu io ho resistito 26 secondi, il tempo di andare su FB per postare i miei intenti.
BeniniIvan Quasi come gli arresti domiciliari!
MirkoB82 test perso in partenza… a meno di non fare uno stile di vita polinesiano
vittoelle offline non riceve la mail che le annuncia il Pulitzer. Non risponde e lo perde per sempre.
Be’, tanto il Pulitzer non me lo danno.

Giovedì 9 febbraio
Appena sveglio, invece di aprire Corriere.it come d’abitudine, annuncio: «Stamattina si guardano le foto scattate in India»! (28 minuti, con musica pop del Tamil Nadu). Lo so: è l’equivalente delle vecchie proiezioni-con-diapositive, quelle che hanno incrinato tante convivenze. Ma devo distrarmi, a tutti i costi. I famigliari capiscono e sorridono: B. avrà una settimana difficile, meglio non contrariarlo. Alle nove mi sento spavaldo, e faccio una cosa strana, anzi antica: esco, vado all’edicola in piazza del Duomo a Crema, compro il «Corriere» e lo leggo. Voi direte: be’, che c’è di strano? Lei non legge il suo giornale? Risposta: certo, ma a puntate durante la giornata. Non tutto di primo mattino.

Per resistere alle sirene della Rete, decido di tenermi impegnato. Prendo cinque appuntamenti a Milano: ore 12.15 (Rosaria), 13.30 (Alberto e Andrea), 15.30 (Raffaella), 16 (Marco), 17.30 (Ilaria). Mentre mi sposto per la città, leggero e disinformato, metto continuamente la mano in tasca ed estraggo l’iPhone come se volessi controllare la posta. Internet, concludo, è anche una questione di gestualità. Ma il pensiero non regala alcuna consolazione.

Alle 18.30, alla Triennale, s’inaugura lamostra fotografica Un giorno. 5 anni nella vita dell’Italia dalle pagine di «Sette». Mi accorgo di avere la mente sgombra, ricordo nomi, facce e date. Alle 19.15 il «Corriere» mi chiede un commento su Mario Monti in copertina su «Time». Non posso cercare informazioni su Internet, devo farmi raccontare tutto da una collega (grazie Mara), poi aspettare i Tg serali, come un tempo. Scrivo, detto al telefono. Il dimafono, alla fine, commenta: «Sa che lei detta proprio bene»? Ringrazio e rispondo: «Cosa crede che abbia fatto ogni sera, dal 1981 al 1994»?

Mancano solo sei giorni: forse ce la faccio.

Venerdì 10 febbraio
Cominciamo male: sembra che tutti debbano inviarmi email indispensabili. Lo so perché qualcuno telefona (a me, a mia moglie, ai miei collaboratori, al giornale); altri ripiegano sugli sms, che diventano lamia linea di comunicazione col mondo. Back to 1992! Tra poco avrò le visioni e mi appariranno i Red Hot Chili Peppers.

Complice il mal di testa — somatizzo? — riesco a combinare poco. L’euforia di ieri è svanita, e a metà giornata mi accorgo di essere nervoso: anche perché mio figlio Antonio sembra aver nascosto bene l’iPad. Lavorare è più difficile. Devo cercare il curriculum di un interlocutore: non posso, Wikipedia e Linkedin stanno in Rete. Devo scrivere il nome esatto di una cittadina americana, in vista di un viaggio negli Usa: di solito queste cose le cerco su Google, ma Google è off-limits. Riapro allora il vecchio atlante, dove in effetti la cittadina c’è.

Mentre medito sull’astinenza, arriva sms dal «Corriere»: la direzione mi chiede un commento di 150 righe sulla nuova reputazione degli italiani nel mondo. Scrivo: «D’accordo. Ma guardate che poi devo dettare». Barbara risponde: «E certo che lo so»! Chiedo se posso avere l’intervista di Monti a «Time»: me la spediscono per fax. Mi sembra di notare una punta di sadismo anche nei colleghi più gentili. Oppure sto diventando paranoico: mancano ancora cinque giorni al termine dell’esperimento, non va bene.

Sabato 11 febbraio
Stamattina alle otto ho guardato per dieci minuti Baciami Kate! (film musicale, Usa, 1953) su RaiTre: non è un buon segno. Il fine settimana, ai fini del digiuno digitale, dovrebbe essere il periodo più facile: il lavoro si ferma, o rallenta; le mail diminuiscono; gli amici sostituiscono la posta elettronica con altre attività (gite coi figli, supermercato, hobby, jogging, riparazioni domestiche, visite ai parenti). Il problema è che il sottoscritto considera il sabato e la domenica momenti ideali per giocare con l’iPad (a letto, in cucina o sul divano).

Eliminando le attività ludiche in rete, tuttavia, resta tempo per altro. Tra le occupazioni di giornata: leggere attentamente i quotidiani, e valutare lo stato mentale di alcuni colleghi; rispondere alle lettere di carta, e valutare lo stato mentale di alcuni lettori; leggere un articolo di Wired.it (stampato mercoledì), La dipendenza dal Web modifica il cervello, e valutare il mio stato mentale. Cito: «Attraverso la risonanza magnetica, è dimostrato che l’incapacità di staccarsi da Internet altera la struttura di alcune zone cerebrali (come la regione orbito-frontale e il cingolo anteriore calloso)». Penso: come starà il mio cingolo calloso?

Pomeriggio al cinema Ducale (Milano, piazza Napoli, film Benvenuti al nord) e cena con Ortensia dai nostri amici Daria e Luca. Se si distraggono, mi infilo in camera e controllo Twitter. Ma i padroni di casa sanno del test da dipendenza e mimarcano stretto. Lei approva la mia scelta (e un po’ la invidia); lui, che vive online, è scettico (e io lo invidio).

Domenica 12 febbraio
La mia Quaresima 2.0, come ha scritto qualcuno su Twitter (quando potevo vederlo), prosegue. Seduto sul letto, privato dell’amato iPad, apro «la Lettura» del «Corriere » e trovo un articolo dove Francesco Piccolo, ragionando sul film The Artist, critica chi «dovrebbe stare naturalmente dalla parte dal progresso, e sceglie invece la conservazione per motivi anagrafici e psicologici». Chi sono questi frenatori? L’autore cita il ceto medio riflessivo, gli intellettuali che lo rappresentano, la zia ottantenne e lo scrittore Jonathan Franzen. Mi preoccupo: restare offline una settimana è una scelta conservatrice? Somiglio alla zia di Francesco Piccolo?

Nella quiete domenicale, i controlli familiari aumentano.

«Dove vai»?

«Come “dove vado?”. Vado in studio».

«Guarda che non puoi usare il computer».

«Il computer posso usarlo. Non posso andare in Rete, è diverso».

«Va be’, ma vengo anch’io. Così, per sicurezza».

Questi dialoghi si ripetono da giovedì: all’inizio mi divertivano, ora cominciano a irritarmi. Noto una soddisfazione diffusa nell’impedirmi di fare le cose; e nessuna solidarietà. Mi arriva sms da «la Lettura»: «C’è grande attesa. Un sacco di amici e colleghi chiedono come sta andando». Come volete che stia andando? Tengo duro, aggiorno questo diario della privazione, passo romanticamente il mouse sulle icone di Firefox e Safari. «Resistere, resistere, resistere!»: mentalmente ringrazio Francesco Saverio Borrelli per un motto buono in ogni stagione.

Lunedì 13 febbraio
Il lunedì è un giorno difficile, dal punto di vista della comunicazione. Nel fine settimana le fertili menti italiane cogitano; e tornando al lavoro sparano nel cyberspazio le loro pensate. La novità è che oggi non le vedo. Appena sveglio controllo su televideo — sul televideo! — il risultato del voto nel Parlamento greco, poi aspetto l’ora esatta per vedere le immagini su SkyTg24. Mando un paio di sms, poi ricevo dalla produzione di Otto e Mezzo (La 7) il biglietto Linate-Fiumicino e il voucher dell’albergo a Roma. Per fax — cosa che diverte Lilli e Giovanna. Capisco come devono sentirsi gli eccentrici, quelli veri. Io sono soltanto un asceta dilettante che ha scelto il digiuno elettronico.

Però diciamolo: QUESTO è un vero «stress test», altro che le banche. Tuttavia, alcuni vantaggi sono ormai evidenti. Per esempio: mi accorgo di essere meno distratto, e la concentrazione risulta facile. È come se avessi liberato Ram cerebrale. Come succede sotto la doccia o in volo sugli aerei, due luoghi offline (per adesso).

Non solo: capisco che la posta elettronica condiziona l’umore, portandoci continue informazioni inattese. Comunicazioni, inviti, proposte, proteste: le nostre giornate — filosofeggio — sembrano partite di ping-pong, occorre ribattere colpi che arrivano da ogni parte (sotto forma di mail). Da cinque giorni facciomeno cose, ma ho la sensazione di farle meglio. Scopro nuove attività, come guardare dal finestrino dell’automobile (invece di approfittare di ogni trasferimento per controllare la posta). Mi accorgo così che a Roma c’è neve lungo le strade. Non l’ha spalata tutta Alemanno.

Martedì 14 febbraio
Nel giorno di San Valentino mando sms a Ortensia, faccio colazione in albergo leggendo i giornali, osservo dopo decenni la strada verso Fiumicino. All’imbarco, in attesa del volo per Milano, siamo in due a non giocare con iPhone/ Blackberry/Android: il sottoscritto e un bambino di tre anni. Al «Corriere» passo in direzione, evitando Corriere. it, che potrebbe tentarmi. I colleghi chiedono «Come va?», e non è una formalità. L’idea di vivere senza Internet attrae e spaventa, come certi film o i cannoli siciliani.

Sull’«Herald Tribune» (di carta) leggo The new mantra for tech firm: All things to all people, all day. Si dice, in sostanza, che l’obiettivo di Google, Facebook e compagnia non è più quello di arricchire le nostre giornate, ma «possedere ogni nostro momento di veglia ». Preoccupante: ma soltanto da giovedì.

Mercoledì 15 febbraio
Ultimo giorno di esperimento, provo una vaga preoccupazione: perché non sono psicologicamente distrutto da una settimana di astinenza? Ci si abitua così in fretta alle privazioni? Ilmorbo luddista è entrato in me? Per distrarmi scrivo e detto al «Corriere» la consueta rubrica del giovedì. Riguarda Silvia Deaglio, figlia del ministro Elsa Fornero e dell’economista Mario Deaglio. Tito Boeri ne ha misurato l’impatto nel campo della ricerca su lavoce.info; chiedo di mandarmi testo via fax, suscitando — immagino — ilarità accademica.

Passa a trovarmi l’amico architetto Marco Ermentini, e si congratula per la settimana di digiuno digitale: trova punti di contatto con l’Accademia del Silenzio, di cui è uno dei fondatori. Tre diversi programmi televisivi mi chiedono di raccontare la mia esperienza: non posso, rispondo, l’ho promesso a Daria Bignardi, e non intendo sfidarne l’ira barbarica mostrandomi prima altrove. Però è curioso, penso, mentre la luce si spegne nel cielo turchese di Lombardia (così freddo quand’è freddo) e finisce la mia strana settimana, un po’ Bartleby e un po’ Marcovaldo: se non fare una cosa diventa una notizia, vuol dire che quella cosa la facciamo troppo, o la facciamomale. Sbaglio?

P.S. A mezzanotte torno su Twitter, che mi è mancato, più della posta elettronica. Qui ritrovo 183.618 persone (ehilà!), là 346 mail. Si annuncia un periodo impegnativo. Bene: per qualche giorno ancora, posso continuare a fare la vittima.

il vento e la voce del silenzio

. giovedì 23 febbraio 2012
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E' appena uscito il nuovo libro di Clara Sanchez, la scrittrice che ha dominato le classifiche del 2011 con il best seller: "Il profumo delle foglie di limone". Adesso Garzanti pubblica il suo romanzo "La voce invisibile del vento".
Questa è la copertina

Ed ecco con quali parole cattura i lettori:
Conosci la voce del silenzio?
Ti fidi del buio?
Ti fidi di te stesso?
Devi trovare una risposta,
o sarà troppo tardi

I silenzi in bianco e nero di Marco Paoli

. lunedì 20 febbraio 2012
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C'è la nebbia che si alza dalla foresta e avvolge, lenta, le pagode birmane. Oppure, ecco lo specchio di una radura allagata in Amazzonia, dove la cupola degli alberi si ripete esatta sul filo dell'acqua. Ma c'è anche il profilo antico e rassicurante di un castagneto sull'Appennino Toscano: un corridoio di foglie verso l'autunno. Sono bellissime le foto, rigorosamente in bianco e nero, di Marco Paoli, nel libro che s'intitola “Il silenzio”, appena pubblicato da Giunti (con un'anteprima al sito www.marcopaoli.com). Un viaggio tra scorci esotici e profondità di sguardi, dall'Africa a Coney Island, passando per il deserto del Namib o il mare nuvoloso dell'Elba. "Che sia fra me e un albero, una distesa d'acqua o un indio della foresta pluviale, il rumore s'acquieta e il silenzio risuona. E' nel silenzio che si verifica il dialogo: una lingua universale, forse l'unico veicolo di comunicazione possibile oggi, l'unico modo per mettersi in ascolto della natura e dell'uomo". Mi ha scritto queste parole l'autore delle immagini "silenziose" - e cosi' emozionanti, primordiali, essenziali - rispondendo alla mia domanda sul perche' della scelta di un simile titolo. E il titolo di un libro, si sa, spesso mistifica un po' e delude rispetto al contenuto. Stavolta, non e' cosi': gli scatti di Marco Paoli fanno silenzio in chi ci si avventura, prolungano i sogni e accendono la realta' che rappresentano. E' raro trovarne di cosi' potenti ed espressivi, proprio nel punto in cui coincidono con l'assenza di parole. Guardateli e ascoltateli. E appassionatevi. Mauro Querci

Lo specchio di Alice

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“Certo bisogna frequentare il deserto per sentire il rumore assordante del silenzio. Fin dalla prima attraversata in Algeria sono rimasto colpito da quella vertigine: l'assenza di suoni. [...]. Per me che sono profondamente agnostico, il niente del deserto mi ha aiutato ad avvicinarmi a una certa spiritualità. [...]. Il vuoto, il silenzio permettono un rientro in se stessi duro ma salvifico”.

da Jean-Pierre Valentin, Il mormorio delle dune, piccolo elogio del deserto e di coloro che lo vivono, ediciclo editore, 2012.

Algeria, Libia, Mauritania, ma anche certe albe aspettate sulle dune che si tuffano in mare a Porto Pino, in Sardegna. Il silenzio del deserto è come lo specchio di Alice: apre altri spazi, altre possibilità. Ciascuno dovrebbe sperimentarlo, almeno una volta.

Mauro Querci

silenzio parla il Silenzio

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Il silenzio è il grido d’Amore del cielo stellato dove ogni uomo trova la sua culla per dondolare e il suo nido per volare.
Il silenzio è lo sbocciare della rosa nel grembo della madre terra per dire a tutti: ti amo. Il silenzio è la musica dell’anima dove si ascoltano le armonie celesti. Quando intorno e dentro di te tutto tace ascolti la voce di Dio che come un sussurro di vento leggero ti conduce su porti inaspettati. Il silenzio è uscire dall’inferno dei pensieri e la confusione dei sentimenti dove il volere, il potere e l’essere si annullano nell’unione con Dio. Nel silenzio ascolti il canto degli angeli e l’ardore del fuoco dello Spirito che come brezza di vento leggero ti conduce su oceani sconfinati dell’Amore di Dio.
Il silenzio è la goccia che cade dal cielo e penetra la membrana di pietra del tuo cuore e ti trasforma in un cuore nuovo e di carne per tutta l’umanità. Il silenzio è l’energia che dona forza al peso dei giorni e della vita. Chiudi gli occhi e tutte le apparenze che passano e sarai alle porte del Paradiso nella contemplazione del Volto dell’Amato. Quante distrazioni, rimorsi, paure, emozioni forti butta tutto nella tomba del tuo uomo vecchio che con l’aiuto della grazia diventa nuovo. Silenzio di chi ascolta e di chi parla e di chi custodisce la Parola come Maria: Vergine del silenzio che nell’attesa ha fatto la volontà di Dio e magnificando nel nascondimento la sua anima. Il silenzio è la notte oscura dell’anima dove si incontra il nostro tenebroso nulla nella luce del Tutto divino. Il silenzio è la soglia dell’inferno e del paradiso dove nel gioco della libertà umana si sceglie di essere felice per tutta l’eternità. Eterno Silenzio dove tutto muove e dove fai esistere ogni creatura donaci di gustare la dolcezza e la tenerezza del tuo Amore. Il cuore mi dice: silenzio parla il Silenzio sono nel turbine della confusione, il richiamo delle sirene del mondo e l’io che si mette al posto di Dio impediscono di sintonizzarsi sulla lunghezza d’onda del silenzio.
Oh silenzio, linguaggio degli innamorati che si amano al di là delle parole dei pensieri di questo mondo, ma nello sguardo e nella fissità degli occhi esprimono la bellezza dell’amore che non ha bisogno di parole, pensieri, penne di scrittore, note di musicisti e pennelli di artisti, ma l’Amore vero è inesprimibile, inafferrabile e misterioso.
Il silenzio è il misterioso ponte che unisce il cielo e la terra e si intravede l’orizzonte dell’eternità. Chiudi gli occhi e la bocca, spegni il cuore dalle passioni mondane e calma la mente e vedrai che siamo fatti per il cielo e il nostro essere trova pace in Dio. In terra pregustiamo la gioia celeste ascoltando il silenzio che parla di luce e di eternità. C’è anche un silenzio di rispetto davanti al dolore umano, dove parla soltanto la carità che è discreta, umile e delicata. Infine c’è il silenzio delle galassie e quello delle stelle dove brilla la voce di Dio nel cuore confuso e affollato da tanti affetti e dal caos del microcosmo umano.
Ascolta il silenzio, perché parla il Silenzio.

Un aforisma prezioso

. venerdì 17 febbraio 2012
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Fabio Sebastiani, Concerto per aforisma (quasi) solo , Zona Contemporanea 2011:
Vorrei essere come il centro del mare: padrone del silenzio. E trovare quel punto dove i suoni delle parole e i pensieri sono una cosa sola.

ascoltare i sassi

. giovedì 16 febbraio 2012
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Riceviamo una segnalazione da Anna, che volentieri pubblichiamo:
"Vivo in un Paese dove ogni sasso ha molta più storia, molte più cose da raccontare di ciascuno di noi. Ascolto i sassi e serve silenzio per sentirli". Theo Angelopoulos

Anche un grande scrittore peruviano racconta, nel bellissimo libro I fiumi profondi, il bisogno di ascoltare i muri, la loro storia, con gli occhi e con le mani.
Scrive José Maria Arguedas: «Camminai davanti al muro, pietra dopo pietra. M’allontanai di qualche passo, lo contemplavo e m’avvicinavo di nuovo. Toccai le pietre con le mani; seguii la linea ondulata, imprevedibile, come quella dei fiumi, in cui si congiungevano i blocchi di roccia. Nel buio della strada, nel silenzio, il muro sembrava vivo; sui palmi delle mie mani, ardeva la giuntura delle pietre che avevo toccato»

Addio, Wislawa Szymborska

. giovedì 2 febbraio 2012
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Un omaggio e un ricordo della poetessa Wislawa Szymborska, Nobel per la letteratura, morta ieri a Cracovia. Scriveva che la nostra esistenza "è benvenuto e addio in un solo sguardo" e anche che "non c'è vita che almeno per un attimo non sia immortale. La morte è sempre in ritardo di quell'attimo. Invano scuote la maniglia d'una porta invisibile. A nessuno può sottrarre il tempo raggiunto".
Questo invece è il suo semplice, così nitido ed esatto, sguardo sul silenzio

Tre parole
Quando pronuncio la parola Futuro
la prima sillaba va già nel passato.

Quando pronuncio la parola Silenzio,
lo distruggo.

Quando pronuncio la parola Niente,
creo qualcosa che non entra in alcun nulla.

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Due mani non bastano (www.duemaninonbastano.it)
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