Gillo Dorfles ha scritto un interessante elogio del vuoto. Ecco qualche passaggio
"Il troppo, pieno, il troppo congestionato, ndelle nostre città, delle nostre spiagge, delle nostre case, è certamente una delle tare della contemporaneità, come ho cercato di illustrare nel mio saggio Horror pleni nella speranza che un improbabile lettore ne tenga conto. Ma altrettanto cruciale, è il fatto di sottolineare l' importanza del vuoto. Vuoto, non come «assenza» di alcunché, ma come lacuna da colmare; come entità a se stante, matrice di molte ideazioni, sensazioni, invenzioni".
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"L'Occidente e la sua grande arte è stata da sempre un'«arte del pieno», del saturo, e addirittura dell'ipertesto, «ipercarico». In fondo, la stessa iperbole è sempre stata una delle «figure semantiche» della nostra civiltà".
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"Ma perché non tener conto anche delle altre famiglie artistiche? Si pensi alla estrema «vuotezza» di tante composizioni di Cage o del nostro Beppe Chiari; oppure alle caratteristiche scansioni del teatro di Kantor. E, per quanto concerne la pittura, alla «assenza» di forma o colore nei «dipinti bianchi» di Tobey o - e qui lo spazio beante domina - a tante tele forate di Fontana dove l' assenza costituisce la sostanza stessa di «buchi» e dei «tagli»"
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"Credo che il rispetto del vuoto, dell' «assenza», del silenzio, sia oggi più che mai necessario per una equilibrata struttura della nostra esistenza. L' individuo che sarà ancora affascinato dal vuoto d'una spiaggia deserta o da quello d'una distesa nevosa alpestre, ma anche da quel vuoto del pensiero da cui sorgono le immagini più preziose, potrà ritrovare quella vena creativa e fruitiva che l'assenza costante del vuoto gli ha precluso.
Corriere (18 marzo 2010)
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