Amore e silenzio, sentimenti e segreti

. martedì 10 settembre 2013




Su D di Repubblica, l'intervista di Nicoletta Polla-Mattiot, fondatrice con Duccio Demetrio di Accademia del Silenzio, a Pedro Zarraluki, autore di "Storia del silenzio" (Neri Pozza)

I sentimenti si nutrono di segreti. Si tace perché la passione possa sopravvivere e dirsi tutto è il tradimento più imperdonabile. Per questo scrivere una storia d’amore significa scrivere una Storia del silenzio.
Che Pedro Zarraluki, il raffinato, ironico romanziere catalano vincitore del Premio Nadal, abbia un’idea a dir poco anticonvenzionale dei rapporti di coppia, è stato facile da capire appena avuto in mano il suo libro (in uscita da Neri Pozza il 19 settembre). Però che il principio dell’attrazione sia l’occultamento e che ci siano misteri inutili, e rischiosi, da scoprire, capovolge la logica della confidenza e sottende una visione degli affetti dove crudeltà e tenerezza sono inseparabili. Per «toccarsi, accarezzarsi, incollarsi pelle a pelle», occorre restare intimi sconosciuti. Ignorarsi un po’, stare vicinissimi e distanti. «Io non ti nascondo niente, evito semplicemente di dirtelo», dichiara candida Irene, la protagonista del libro. Zarraluki fa decretare ai suoi personaggi l’impossibilità di essere sinceri, perché «più passa il tempo più occorre nascondere, per poter stare insieme».
Come fondatrice di un’Accademia del silenzio, una scuola dove si insegna che tacere è un’efficace, potente forma di comunicazione, non potevo che raccogliere la sfida di incontrare lo scrittore. Io, fermamente convinta che il silenzio possa essere studiato, “tradotto” e condiviso, lui indolentemente persuaso che il pericolo è conoscersi. Così, in una Barcellona chiassosa e divertita, inizia questa partita a scacchi sul silenzio e l’amore.

Zarraluki, perché rinunciare in partenza a costruire una relazione limpida e senza reticenze, fra un uomo e una donna?
«Nella mia generazione (sono nato nel ’54), da giovani avevamo il vizio di dirci sempre la verità. Quell’abitudine provocava tremendi litigi, che ricordo quasi con tenerezza. Questo mi ha insegnato a perdonare. Tuttavia in una coppia dirsi tutto è impossibile. E inutile. Spesso noi stessi non comprendiamo ciò che ci succede. A che serve confessare al partner che stai soffrendo di tristezza post coitum, se tutto è andato alla perfezione? Può risultare aggressivo. Quando la mia compagna resta assorta davanti a una finestra, se le chiedessi a cosa sta pensando, avrei la sensazione di farle violenza».

Si condivide una vita quotidiana, una casa, un letto, ma si deve saper chiudere gli occhi. C’è un’eco del Memoriale del convento di Saramago, in queste parole, con Blimunda l’indovina che legge il cuore attraverso la pelle e, come estremo atto d’amore, non rivolgerà mai la sua vista acuta e veggente sullo sposo per non saperne i segreti.
«Sì, le coppie che si conoscono troppo finiscono col disprezzarsi. Di certo è più interessante dare al partner l’impressione di avere un lato nascosto, un mondo interiore inaccessibile e appassionante... Nonostante questo non sia vero».

Sorride Pedro Zarraluki, quando fa le affermazioni più terribili le stempera con garbata, ma sempre tagliente, ironia («La vita è una tragicommedia, non trova? Ci si salva solo con l’umorismo»). Così non sai se ridere quando, mentre cerchi una risposta, è lui a incalzare con le domande: «Il silenzio può essere fondo e profondo come un pozzo? Si sta comodi dentro un pozzo? Possiamo dire che il silenzio più insopportabile sia non ricevere notizie dalla persona amata?».
Spostiamo per un attimo il campo di gioco. Grande protagonista della Storia del silenzio è il tempo: i suoi personaggi sembrano avere a disposizione tutto il giorno per annoiarsi e non far niente. Scelta controcorrente, in una società che corre sempre...
«Un mio amico dice che non bisogna mai interrompere i bambini imbambolati, con lo sguardo perso verso l’infinito. È in quel momento che stanno affrontando la vita e diventando grandi. A volte io mi rinchiudo a scrivere nella mia casa al mare. Il rituale è sempre lo stesso: il primo giorno mi viene un attacco d’ansia. Allora vado dal medico del paese, che mi fa fare quattro chiacchiere e mi prescrive dei calmanti. A partire dal secondo giorno va tutto alla perfezione. Rallentare non è facile».

Torniamo ai rapporti di coppia. Il suo romanzo è il racconto di una grande, complicata storia d’amore, dove i due protagonisti decidono di scrivere insieme un libro sul silenzio, per condividere un progetto e anche uscire da un momento di crisi, economica, personale e sentimentale. Lei sembra dare per scontato il tradimento fra due persone che stanno insieme da tanto.
«Non sono d’accordo nel definire tradimento l’infedeltà. Spesso nasce dallo sconcerto, addirittura dalla disperazione. Non sempre è un piacere».

E non sarebbe evitabile?
(Silenzio).

Riproviamo: chi tradisce di più, gli uomini o le donne?
«Diciamo che le donne sono più complesse. E sono così meravigliosamente inafferrabili!».

Pare che i “non detti” siano la cifra del linguaggio femminile.
«Affidare la seduzione alla parola solitamente non dà buoni risultati! Di fatto, quando gli amanti si baciano, sigillano le labbra. Se una coppia riesce a restare in silenzio senza sentirsi a disagio, ha raggiunto la stabilità».

Forse è il momento per la più classica delle domande: lei c’è mai riuscito? Quanto c’è della sua vita nel romanzo?
«Tutti quelli che appaiono nella Storia del silenzio sono ritratti di miei amici. Anche Irene, la protagonista, è una riproduzione abbastanza fedele della mia compagna. È una donna con un forte senso dell’umorismo, visto che, nonostante tutto, continua a stare con me».

E lei ha più bisogno o più paura del silenzio?
«Credo mi abbia appena regalato un ottimo tema per un nuovo romanzo!».

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