La Stampa, Biennale Democrazia e il silenzio
Etichette: accademia del silenzio, Biennale Democrazia, circolo dei lettori, Concorso Lingua Madre, TorinoRicordando Tomas Tranströmer
Gli giunse un sogno più vivido
Ma non si svegliò.
Tra la gente nei raggi di sole
Forti e impazienti.
Io ero in una stanza che conteneva tutti gli istanti –
Un museo di farfalle.
I suoi pennelli impazienti dipingevano il mondo.
Perdiamo le parole
Etichette: John McWhorter, LaStampa, parole, silenzio, UnescoLa previsione più catastrofica è del linguista americano John McWhorter: «Tempo
cent’anni e il 90% delle lingue sulla Terra potrebbe essere estinto. Nel 2115 ne avremo
circa 600».
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Perdiamo le parole
Una stima estrema, forse una provocazione, ma che parla di un problema vero: il mondo
sta perdendo le parole. La varietà di idiomi e dialetti globali si sta consumando proprio
come la biodiversità naturale. Anzi, ancora più in fretta. Già oggi le lingue in difficoltà,
quelle che rischiano di sparire, sono tra 2400 e 3 mila nel mondo. Ed è per questo che
sabato prossimo, come ogni 21 febbraio, tornerà la giornata internazionale Unesco per la
lingua madre.
Un’iniziativa che questa volta avrà anche una dimensione digitale. Tra i progetti collegati
alla giornata ce n’è uno – chiamato «Tweet in your #MotherLanguage» – che suggerisce
di usare i social network, e in particolare Twitter, per il compito di proteggere le lingue in
pericolo. La proposta è questa: almeno per un giorno, niente cinguettii e messaggi nel
solito inglese. Ognuno usi la Rete per scrivere nel proprio idioma nativo, mettendo alla fine
un hashtag con il nome della lingua (ad esempio #arbëreshë) e contribuendo così a farlo
girare.
Proprio l’egemonia dell’inglese come lingua internazionale e della modernità è tra i grandi
nemici della varietà linguistica. Basti pensare che l’italiano – che oggi di certo non si può
definire a rischio – figura solo nell’1,8% dei siti Internet globali. Il 55% del web è invece in
inglese. E ci sono lingue nazionali come sloveno, serbo, croato, ucraino che raggiungono
a malapena quota 0,1%. Gocce minuscole nell’anglofono mare digitale.
La colonizzazione
«In questa fase storica non c’è dubbio: l’inglese è una lingua colonizzatrice, che negli
ultimi 40 anni si è espansa e si sta ancora espandendo». A spiegarlo è Cristina
Guardiano, linguista dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Che precisa: «Ad essere a
rischio non sono le lingue ufficiali e che s’insegnano nelle scuole, ma quelle che hanno
perso vitalità. Quelle legate a comunità che si stanno estinguendo o dove nascono
bambini che non le imparano più come prima lingua».
Nelle Americhe
I problemi maggiori sono nelle due Americhe, dove ad essere «moribonde» o «dormienti»
– per seguire la definizione dell’osservatorio Ethnologue – sono 335 lingue su 1060. Idiomi
indigeni come l’Irántxe, parlato in Brasile da meno di 40 persone. E altri arrivati a quota
zero, forse svaniti. «In questi e altri casi – prosegue Guardiano – è difficile pensare a un
antidoto. Riportare artificialmente in vita una lingua che si avvia ad essere dimenticata ha
poco senso. Molti studiosi credono in operazioni di questo tipo, ma le lingue sono
organismi naturali: la loro evoluzione non si può forzare».
L'articolo è scritto da Stefano Rizzato - La Stampa, 17 febbraio 2015
Abbiamo bisogno di più silenzio
Etichette: giornata, OMS, rumore, silenzio, uditoPurtroppo ormai fin da piccoli siamo sottoposti a livelli di rumore sempre più elevati, ma ancor più ci sottoponiamo a suoni dal volume sempre più elevato e continuato.
Oltre all'ormai onnipresente rumore di fondo che ci segue anche durante il sonno, ci sottoponiamo quotidianamente e volontariamente a suoni pericolosamente elevati, attraverso l'uso continuo di telefoni, televisioni, walkman, ecc. sia in cuffia che no, con la frequentazione di luoghi come discoteche, locali, stadi, dove l'obiettivo sembra quasi quello di far arrivare allo stordimento grazie a musica e suoni riprodotti ad altissimo volume.
La conseguenza è un sempre maggior numero di persone con problemi di udito indotto. Ipoacusia, acufeni temporanei e permanenti, ma anche iperacusia sono ormai molto frequenti anche in persone molto giovani.
L'appello è quello di abbassare il volume, ma noi aggiungiamo anche il suggerimento a tornare ad apprezzare il suon del silenzio, (re)impariamo ad ascoltare l'assenza di suoni, ad ascoltare il silenzio!