La Stampa, Biennale Democrazia e il silenzio

. domenica 29 marzo 2015
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Oggi è uno di quei giorni in cui l’appassionato di Biennale Democrazia rimpiange di non avere, come in un romanzo di Pennac, il dono dell’ubiquità. La domenica, ultimo giorno di rassegna, offre come da tradizione, un menu da gran finale. Difficile consigliare un dibattito per tacerne altri. Più facile orientarsi per filoni.  

La grande abbuffata  
Sapendo che a Biennale Democrazia si può non solo - sotto un invidiabile sole primaverile - infilarsi in un teatro ad ascoltare qualche bella citazione del «Concetto dell’angoscia» di Kierkegaard, ma anche passare un po’ di tempo in piazza San Carlo a leggere i pensosi post-it dei giovani che hanno attaccato sul muro di cartone. Prepariamoci: barrette energetiche in tasca, quaderno per gli appunti (la luce del tablet nei teatri infastidisce) e qualche buon amico con cui condividere la giornata non solo con un «mi piace» su Facebook. 

Parlare a mezza voce  
La maratona comincia alle 10 al Circolo dei Lettori elogiando il «silenzio come attraversamento, dialogo e nutrimento». A spiegarci il valore di questa merce sempre più rara, Daniela Finocchi e Nicoletta Polla Mattiot. Assediati da tablet, iPhone, computer, schermi tv, non riusciamo nemmeno più a concederci qualche minuto di silenzio, di raccoglimento, di pensieri espressi se proprio si deve a mezza voce, con discrezione. Questo è il compito di Biennale Democrazia: mettere sotto il microscopio del ragionamento vizi, virtù, pericoli ed eccessi di oggi. E far sì che si esca da un appuntamento interrogandosi. Il filone socio-filosofico darà il suo massimo alle 18 al Teatro Carignano con Massimo Cacciari che terrà un discorso sulla «Conversio et Corruptio», ovvero sul tema della conversione e della corruzione, parola, quest’ultima, che si legge sempre più sui giornali. «Può la conversione agire da contraccolpo alla corruzione?». A questa e altre domande cercherà di rispondere il filosofo.  

L’economia  
Dopo tanto pensiero umanistico, eccoci all’economia. Perché, come ha fatto notare Zagrebelsky nella sua lectio magistralis d’apertura sulle «Generazioni», la cultura riguarda tutti i saperi e tutte le scienze, certamente non soltanto quelle umanistiche. Dunque eccoci alle domande sul futuro di una moneta unica priva di un’autorità federale di bilancio? Sarà l’economista Lucrezia Reichlin che alle 11,30 al Teatro Gobetti dialogherà con Pietro Garibaldi per cercare di gettare un po’ di luce su un tema attuale come l’«Europa tra crescita e rigore fiscale».  

Dietro la rete condivisa  
Nel pomeriggio, invece, gli appassionati di social network potranno capire davvero «chi è usato da chi» in questa galassia di condivisioni, amici, schermate iniziali dei grandi motori di ricerca come Google. Si comincia alla 16 alla Cavallerizza Reale dove la sociologa statunitense Saskia Sassen terrà la conferenza «Chi decide i confini del mondo globalizzato», mentre alle 16,30 al Teatro Gobetti si parlerà proprio di «Chi decide che cosa vediamo sui social network»: sul banco degli «imputati» colossi come Amazon e Google. 

Ricordando Tomas Tranströmer

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nel giorno del Nobel

Si posò la luce del giorno sul viso di un uomo addormentato.
Gli giunse un sogno più vivido
Ma non si svegliò.
Si posò l’oscurità sul viso di un uomo in cammino
Tra la gente nei raggi di sole
Forti e impazienti.
D’un tratto si fece buio come per il temporale.
Io ero in una stanza che conteneva tutti gli istanti –
Un museo di farfalle.
Tuttavia il sole era forte come prima.
I suoi pennelli impazienti dipingevano il mondo.

Perdiamo le parole

. domenica 15 marzo 2015
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La previsione più catastrofica è del linguista americano John McWhorter: «Tempo cent’anni e il 90% delle lingue sulla Terra potrebbe essere estinto. Nel 2115 ne avremo circa 600». 39 Perdiamo le parole Una stima estrema, forse una provocazione, ma che parla di un problema vero: il mondo sta perdendo le parole. La varietà di idiomi e dialetti globali si sta consumando proprio come la biodiversità naturale. Anzi, ancora più in fretta. Già oggi le lingue in difficoltà, quelle che rischiano di sparire, sono tra 2400 e 3 mila nel mondo. Ed è per questo che sabato prossimo, come ogni 21 febbraio, tornerà la giornata internazionale Unesco per la lingua madre. Un’iniziativa che questa volta avrà anche una dimensione digitale. Tra i progetti collegati alla giornata ce n’è uno – chiamato «Tweet in your #MotherLanguage» – che suggerisce di usare i social network, e in particolare Twitter, per il compito di proteggere le lingue in pericolo. La proposta è questa: almeno per un giorno, niente cinguettii e messaggi nel solito inglese. Ognuno usi la Rete per scrivere nel proprio idioma nativo, mettendo alla fine un hashtag con il nome della lingua (ad esempio #arbëreshë) e contribuendo così a farlo girare. Proprio l’egemonia dell’inglese come lingua internazionale e della modernità è tra i grandi nemici della varietà linguistica. Basti pensare che l’italiano – che oggi di certo non si può definire a rischio – figura solo nell’1,8% dei siti Internet globali. Il 55% del web è invece in inglese. E ci sono lingue nazionali come sloveno, serbo, croato, ucraino che raggiungono a malapena quota 0,1%. Gocce minuscole nell’anglofono mare digitale. La colonizzazione «In questa fase storica non c’è dubbio: l’inglese è una lingua colonizzatrice, che negli ultimi 40 anni si è espansa e si sta ancora espandendo». A spiegarlo è Cristina Guardiano, linguista dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Che precisa: «Ad essere a rischio non sono le lingue ufficiali e che s’insegnano nelle scuole, ma quelle che hanno perso vitalità. Quelle legate a comunità che si stanno estinguendo o dove nascono bambini che non le imparano più come prima lingua». Nelle Americhe I problemi maggiori sono nelle due Americhe, dove ad essere «moribonde» o «dormienti» – per seguire la definizione dell’osservatorio Ethnologue – sono 335 lingue su 1060. Idiomi indigeni come l’Irántxe, parlato in Brasile da meno di 40 persone. E altri arrivati a quota zero, forse svaniti. «In questi e altri casi – prosegue Guardiano – è difficile pensare a un antidoto. Riportare artificialmente in vita una lingua che si avvia ad essere dimenticata ha poco senso. Molti studiosi credono in operazioni di questo tipo, ma le lingue sono organismi naturali: la loro evoluzione non si può forzare».
L'articolo è scritto da Stefano Rizzato - La Stampa, 17 febbraio 2015

Abbiamo bisogno di più silenzio

. martedì 3 marzo 2015
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Oggi, 3 marzo, l'OMS celebra la giornata internazionale dell'orecchio e dell'udito, perché l'ascolto sia sicuro.

Purtroppo ormai fin da piccoli siamo sottoposti a livelli di rumore sempre più elevati, ma ancor più ci sottoponiamo a suoni dal volume sempre più elevato e continuato.
Oltre all'ormai onnipresente rumore di fondo che ci segue anche durante il sonno, ci sottoponiamo quotidianamente e volontariamente a suoni pericolosamente elevati, attraverso l'uso continuo di telefoni, televisioni, walkman, ecc. sia in cuffia che no, con la frequentazione di luoghi come discoteche, locali, stadi, dove l'obiettivo sembra quasi quello di far arrivare allo stordimento grazie a  musica e suoni riprodotti ad altissimo volume.


La conseguenza è un sempre maggior numero di persone con problemi di udito indotto. Ipoacusia, acufeni temporanei e permanenti, ma anche iperacusia sono ormai molto frequenti anche in persone molto giovani.
L'appello è quello di abbassare il volume, ma noi aggiungiamo anche il suggerimento a tornare ad apprezzare il suon del silenzio, (re)impariamo ad ascoltare l'assenza di suoni, ad ascoltare il silenzio!

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Due mani non bastano (www.duemaninonbastano.it)
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