L'Isola del silenzio

. sabato 29 aprile 2017

Al XXX Salone del libro di Torino, nasce l'Isola del silenzio. Uno spazio ovattato, in materiali rinnovabili, dove poter ascoltare il silenzio anche in mezzo alla folla. Un'oasi acustica dentro cui entrare, sostare, leggere, riflettere, partecipare a un seminario di scrittura. E' un progetto di Letteratura Rinnovabile in collaborazione con ARCò e con Accademia del Silenzio.







3 commenti:

Anonimo ha detto...

L’ISOLA CHE…C’E’

di Fausto Corsetti

Non è facile raccontare dopo aver vissuto. Non è facile, non è scontato, non è immediato il proprio racconto. Il tempo del racconto è frutto del tempo, del riconoscimento, dell’ascolto, della comprensione. Si può vivere e non comprendere; vedere, ma non riconoscere; parlare e non comunicare; avvicinare e non accogliere dentro.
C’è bisogno di silenzio per raccontare, per dire ciò che è nato nel segreto di emozioni o di sensazioni che, per prime, sono state capaci di scrivere l’alfabeto della comprensione.
Occorre lasciare che le acque di una timida custodia si muovano con libertà e spazio, fino a bagnare, solo un po’ alla volta, ogni angolo di vita, di pensiero, di desiderio, con quella oscillazione instancabile, continua, fedele, propria delle grandi acque, esclusiva del grande mare.
Quell’ondeggiare, appunto, consente di portare dentro ciò che stava fuori, di chiarire ciò che appariva oscuro, di accarezzare ciò che appariva inavvicinabile, di ammorbidire ciò che si mostrava arido.
Diamo uno sguardo al nostro passato, a quando eravamo giovani. La vita allegra ci sorrideva. Una vita intessuta di passi di danza, di brividi cutanei, di effusioni sentimentali. Una dolce vita insomma.
Eppure… Eppure non ci siamo mai abbandonati completamente, fino in fondo, a quella gioia, non abbiamo riconosciuto e afferrato la bellezza acerba di quei giorni: una delusione, un capriccio, un mancato appuntamento, un nonnulla è bastato a far crollare l’incanto dei nostri sogni.
Ha bisogno di un giardino il vivere, uno spazio aperto, libero, segreto, dove potersi muovere con libertà e gusto, nella luce e nella gratitudine, nello stupore e nella bellezza. Ha bisogno di tempo e di spazio la bellezza, per essere riconosciuta, accolta, assaporata. La cura di sé, del bello che sta dentro e attorno al vivere di ciascuno, è il segnale che mostra non solo la qualità della vita, ma lo stesso piacere di vivere: il gusto di ricordare, raccontare, fissare ogni singolo istante di bellezza.
E così, fermarsi, di tanto in tanto, alla sera di ogni giornata o al sorgere della luce fra gli scuri di una finestra, permette non solo di riconoscere quanto la vita offre, ma di ritrovare quel filo sottile che accompagna e lega insieme tutto, ogni singolo istante, qualsiasi accadimento e provarne gioia. Una gioia sorniona che sa dare senso, piacere, stupore.
Di più: tutto acquista un significato esclusivo, quando ciò che accade nella vita può restare fissato anche su un foglio di carta. Una tale custodia può diventare occasione non solo per rileggere quanto accaduto, ma per dare destinazione, nuova e più precisa, al feriale sfilarsi di ore e di incontri, di circostanze e di accadimenti.
Fermarsi, sostare è quasi accendere una lampada in una stanza oscura: ogni cosa torna protagonista e consente di attribuire senso e finalità a tutto l’insieme.
Il tentativo di tracciare i confini di un’isola, il più delle volte, si traduce nella meraviglia di scoprire i confini inafferrabili dell’oceano che la raccoglie, una distesa infinita di acque inquiete che, tuttavia, possono essere cavalcate.
Custodire, dunque, non resta un’azione passiva e improduttiva, ma esigente e temeraria, adatta solo ad animi capaci di novità e di sfide sempre nuove, perfino impossibili.
Soltanto a quel punto, dunque, le grandi acque consentiranno di dare identità e misura a quella stessa isola, dove i nostri passi si muovono cercando quella bellezza in grado di portare con sé senso e destinazione; finalmente liberi gusteremo più sfumate gioie, nella luce di nuovi incanti ascolteremo sorprendenti melodie.
Bisogna amare quell’isola – con i suoi mari, i suoi monti, le sue valli- fino in fondo, fino all’ultimo confine, fino al cielo; e bisogna amare quel cielo fino in fondo, fino all’ultimo confine, fino a quell’isola.
Capiremo, allora capiremo che non sono due amori, ma un unico immenso Amore.

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Ryan ha detto...

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per le cartoline del silenzio:
Due mani non bastano (www.duemaninonbastano.it)
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