Sempre in movimento

. giovedì 15 ottobre 2009

Sono sempre in movimento: la stasi mi fa paura. Anche il silenzio l’ho temuto, per molto tempo. Le due cose suscitavano in me l’horror vacui, perché nel vuoto sei da solo. E non mi è mai piaciuto stare da sola. Sono una comunicatrice, e credo sia questo il motivo per cui ho imparato diverse lingue: per moltiplicare le possibilità di comunicare, per essere connessa con il maggior numero di persone possibile. È la ragione per cui controllo la posta, sul computer e sul cellulare, in maniera ossessiva. Temo il silenzio da parte degli altri, l’interruzione del flusso di comunicazioni, come se potesse negare la mia stessa identità. Ma stare in movimento implica usare molti mezzi di trasporto: aerei, treni, autobus, metropolitane. Mezzi affollati di gente che non tace mai. Le loro suonerie squillano all’impazzata, con buona pace delle Ferrovie dello Stato che raccomandano di non disturbare gli altri viaggiatori. I loro saluti sgraziati sono urlati al cellulare non appena l’aereo tocca terra, con buona pace delle compagnie aeree che raccomandano di accenderli solo dopo l’apertura delle porte. Scampoli di conversazioni insignificanti, che violentano i padiglioni auricolari, vengono
seminati su autobus, tram, metropolitane. Non c’è tregua all’invasione di parole: per strada, negli uffici, persino sui social network, dove si chatta, non si parla, ma è lo stesso. Amo le parole, ma ho capito che non posso esserne riempita costantemente. Perché io le parole non mi limito ad sentirle: le ascolto. Seguo i fili delle conversazioni che si disegnano per aria, tutti i fili esistenti, finché nella mia mente si crea una matassa che occupa tutto lo spazio e non ne lascia per i pensieri. Così loro, per farsi riconoscere, alzano il volume. E il risultato è che non riesco a dormire. È da quando soffro di insonnia che ho scoperto il silenzio, ho iniziato a frequentarlo, a scoprirne la bellezza. È da quando cerco il silenzio che ho cominciato a meditare. Entrare dentro di me, mettere la sordina al rumore del mondo, e della mia stessa mente, fino a percepire solo quello del respiro. Per accorgermi che oltre le parole c’è altro: emozioni che vibrano sottilmente, desideri, paure, pulsioni che nel frastuono non si possono sentire. Persino la comunicazione, che mi sta tanto a cuore, conosce altre forme, oltre a quella verbale. Ma è impossibile riconoscerne i codici, finché non c’è silenzio: fuori e soprattutto dentro.

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