Venerdì 11 giugno 2010, Repubblica è uscita con una Prima Pagina bianca. La Stampa con 2 rubriche (Buongiorno e Jena) non scritte: spazio senza parole. Un silenzio usato come manifesto, silenzio per protestare, senza dire l'oggetto della protesta stessa (lasciato implicito: la legge sulle intercettazioni).
La scelta del vuoto rispetto all'abituale pieno dell'informazione ha un forte impatto proprio per l'uso spiazzante del tacere, del sottrarre comunicazione nel luogo (un giornale) deputato a farla. Vi ricordate la forza pubblicitaria del "Silenzio, parla Agnesi?"
E' lo stesso meccanismo, la stessa tecnica di comunicazione: ribaltare l'aspettativa e dunque la prospettiva.
Ne esiste un illustre precedente. l'Indipendent del 5 gennaio 2005.
Allora la scelta del direttore fu di pubblicare una copertina immacolata. Di fronte alla più ampia e capillare copertura mediatica mai vista per una tragedia naturale, l’Indipendent uscì con una pagina nuda, e una sola riga, in corpo piccolissimo: Di fronte alle vittime dello tsunami, silenzio.
Un procedimento retorico applicato alla lettera: la reticenza fatta pagina.
Un minuto di silenzio...
1 commenti:
ma ho un dubbio, o meglio un'incertezza, forse dipende dal contesto, o forse dal proprio stato d'animo. Non so se il silenzio sia più bianco o più nero. Il nero del silenzio del New Yorker nel terribile settembre 2001
vedi la copertina
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