Oggi sul Corriere della Sera articolo in pagina culturale di Vittorino Andreoli: La perdita dei sensi della digital generation. Interessante e anche un po' angosciante: a un certo punto si parla della perdita dei sensi di questa generazione educata al e dal digitale. Innanzitutto il tatto, poi l'udito. Cito
L'udito è ormai continuamente stimolato in modo particolare dalla musica, ma anche dalle parole e dai rumori. Tant'è che si può dichiarare morto il silenzio di questa generazione
Posizione estrema, che nella generalizzazione si smentisce da sola. Dichiarare la morte di qualcosa (del libro, del romanzo, dei valori) può servire solo a suonare un campanello d'allarme, mai a descrivere una dinamica reale. Per fortuna. Anche nel caso del silenzio dichiarato morto per la generazione digitale, dovremmo aggiungere, perché possa avere una parvenza di verità: per la generazione digitale che vive nelle società opulente, nei grandi conglomerati urbani, con educazione familiare e scolastica a livello zero e ancora altre limitazioni. Arrivando così a una percentuale abbastanza bassa, che indicherebbe, ecco il punto, solo una tendenza, per nulla maggioritaria. Non per questo meno pericolosa certo, ma tale da essere fermata e messa in un angolo dalla capacità vitale di silenzio della gran parte di questa generazione, che potremmo definire senz'altro diversamente digitale.
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