David Maria Turoldo
Canti ultimi
Tu, Dio, sempre più muto:
silenzio che più si addensa
più esplode. E io ti parlo, ti parlo
e mi pento
e balbetto e sussurro sillabe
a me stesso ignote:
ma so che tu odi e ascolti
e ti muovi a pietà:
allora anch’io mi acquieto
e faccio silenzio.
Il silenzio di Dio
Etichette: david maria turoldo, Dio, silenzioGrazie, Vera
A Vera Schiavazzi, amica, collega, compagna di tanti pensieri, progetti, prove, una parola che contiene anche tutte quelle non dette:
grazie.
Tu sai perché, in un milione di modi diversi
Qui ti ricordiamo, con la tua penna e quella capacità di ascoltare e raccontare, che tante volte hai prestato al Silenzio e ai progetti di Accademia.
VERA SCHIAVAZZI
Repubblica, 18 agosto 2011
Dove s'impara a fare a meno delle parole
IMPARARE a tacere, proprio come si impara a parlare una lingua diversa dalla propria o a suonare uno strumento. Per farlo, l' Accademia del Silenzio di Anghiari organizza una summer school, tre giorni (dal 25 al 27 agosto) di seminari e incontri dove tra passeggiate e citazioni, meditazioni e dialoghi senza parole ciascuno prenderà contatto con la parte meno rumorosa di sé e del prossimo. La riscoperta di una comunicazione senza parole, del resto, viaggia lungo molti e diversi sentieri. Chi ha fatto una scelta di vita spirituale, d' altronde, lo sa da sempre: «Ho posto un freno sulla mia bocca», diceva Sant' Agostino, e i monaci benedettini vi hanno basato la propria regola e trasformato il silenzio non solo in uno stile di vita ma soprattutto in preghiera. Nella scuola di Anghiari ci si può esercitare a comprendere quello che gli altri hanno nella mente ma anche a trovare la quiete restando zitti e fermi, la base primaria e più importante di ogni forma di meditazione. Per credenti, certo. Ma soprattutto per laici. Un' esigenza così attuale da riflettersi nella letteratura. Viola Di Grado, scrittrice esordiente che col suo "Settanta acrilico, trenta lana" ha vinto il Campiello, ha scelto lo sciopero delle parole (anzi, l' anoressia verbale) come forma catartica attraverso la quale una madre e una figlia, Camelia, riescono a comunicare attraverso il proprio dolore. Aldo Nove ha dedicato a due dei suoi idoli, Raymond Carver e il pittore Edward Hopper, il racconto di un dialogo immaginario e l' ha intitolato "Si parla troppo di silenzio". Ma ciò nonostante, è davvero il caso di andare a scuola, studiare, ciò che qualsiasi essere umano dovrebbe essere in grado di fare da solo, alternando azioni e pause? Forse sì, se è vero che un adulto che vive in città "ascolta" davvero soltanto i suoni superiori ai 50/60 decibel, quando addirittura non sceglie di costruire tout court la propria colonna sonora al riparo di cuffie e auricolari. Rieducare le orecchie ad ascoltare suoni più bassi e fruscii è difficile, svuotare la mente forse anche di più, e per farlo si può cominciare dalle piccole cose. Come passeggiare tra i boschi o scrivere, non al computer ma su un foglio di carta, come San Francesco prima che i taccuini da viaggio fossero inventati. Anche atti del tutto materiali, dall' amare al mangiare, possono avere bisogno di silenzio per diventare migliori. «Decidere quali e quante parole usare, quando e con quale intonazione è tutt' altro che un atto passivo - dice Duccio Demetrio, docente di filosofia dell' educazione, tra i fondatori della scuola di Anghiari con Nicoletta Polla-Mattiot - Rallentare e allentare significa cambiare ritmo, inserire dei momenti di ozio creativo e di riposo acustico e mentale nelle nostre vite concitate». Meglio farlo ora, in piena estate, quando ancora l' apnea da agenda e da telefono non si è impadronita delle nostre giornate. Il silenzio può rivelarsi utilissimo anche nei rapporti tra i sessi, soffocati da un possibile eccesso di didascalie. «Quanto spam c' è nelle nostre vite, oltre che nella casella della posta elettronica? Il cambio di stagione può servire a fare space clearing, a buttare un apparato verbale che non ci serve o non ci corrisponde più - dice Nicoletta Polla-Mattiot, che sul tema condurrà un seminario - Nella nostra percezione di oggi, parlare equivale a esercitare una forma di libertà, un diritto. Ma in una vera conversazione si tace e si parla a turno. E, quando non si parla, molte altre cose possono avvenire ed essere trasmesse con gli occhi e con i gesti. Con gli occhi si possono anche ' ascoltare' i gesti dell' altro, si possono trasmettere affettività e seduzione, forza e carisma, chiedere e ottenere attenzione e rispetto». Come tutti i linguaggi, tuttavia, il silenzio possiede una grammatica, che in questo caso occorre sintonizzare su se stessi. Chi ci è riuscito (scuole e gruppi sono già nati a Roma, Milano e Torino) giura che si tratta di una lingua ricchissima e emozionante, spesso più efficace di quella quotidiana. Con mille applicazioni pratiche, dal piacere ritrovato per la musica alle capacità diagnostiche in medicina, dal rilassamento del corpo fino alla risoluzione dei conflitti domestici. Anche senza andare a scuola, approfittando - ancora per poco - del silenzio urbano d' agosto, lasciando la radio spenta e il libro aperto. Per urlare, ci sarà ancora tempo.
IL GUARDAROBA EMOTIVO: il silenzio e il linguaggio del corpo
Etichette: anghiari, laboratori, libera università autobiografia, moda, silenzio13-15 novembre - Trame di cotone
Percorsi di auto narrazione, con penna ago e filo
LIBERA UNIVERSITA' DI ANGHIARI
Rinarrare la propria storia, in un percorso autobiografico di conoscenza e riparazione del sé, significa cogliere la trama della propria vita, ricucire e colmare i suoi strappi, trovare o ritrovare il filo del discorso, il bandolo di non detti e sentimenti taciuti, dipanare e ritessere quella matassa spesso avviluppata che è il nostro passato. Nel lavorare con i ricordi, si utilizzano spesso metafore legate alla tessitura. Scrivere di sé è inevitabilmente un processo di reinvenzione, in cui la memoria seleziona, scarta, dipana e riannoda, crea nuove connessioni tra fatti, emozioni, incontri, immagini fino a formare un disegno con una sua compiutezza narrativa, non necessariamente fedele né didascalica. Quell’arazzo soggettivo e personale è la nostra versione della storia, o meglio il nostro modo di raccontar(ce)la. Trame e tessuti fanno parte del nostro bagaglio autobiografico, quanto abiti, cappelli, scarpe, borse, collane, anelli lo accompagnano. Esiste un guardaroba emotivo che raccoglie i migliori abiti della nostra vita, quelli che hanno accompagnato le tappe dell’identità e le sue trasformazioni. Abiti rifugio, abiti specchio, abiti rito, abiti divisa, abiti scaramantici, abiti per farsi guardare, abiti per nascondersi…
Laboratorio introduttivo
Laboratorio di scrittura autobiografica rivolto a chi, oltre a voce, penna e taccuino, vuole provare a raccontarsi anche con fili e gomitoli per intrecciare trame e ricordi di stoffa.
Per saperne di più
Silenzio a Bari: 9-11 ottobre 2015
Etichette: accademia del silenzio, bari, senza zaino, silenzioI greci avevano almeno tre modi diversi di chiamare il tempo: aiòn (l’eternità, l’intera durata della vita), kronos (che è passato presente e futuro) e kairòs, il tempo debito, il momento propizio, legato al senso delle circostanze, del contesto e delle relazioni. L’attimo da cogliere e in cui stare, in relazione con se stessi e con gli altri. Un tempo presente che non è quantitativo, ma qualitativo, lo spazio lasciato alle cose di accadere. E’ questa occasione di sospensione, apparentemente inattiva, ma proprio per questo feconda e creativa, che va cercata e creata. Nella tentazione contemporanea dell’ubiquità, della velocità e della connessione permanente, dove tutto sembra raggiungibile, ma si è persa la capacità di stare, il silenzio è un cambiamento di sguardo e di passo.
Napoli, Il silenzio e la parola
Etichette: accademia del silenzio, erri de luca, Napoli, polla mattiot, silenzio, università federico IILaboratori del silenzio alla Fondazione Barbanera
Etichette: accademia del silenzio, fondazione barbanera, nicoletta polla-mattiot, spello, umbria“Silenzi Meditativi”
Scrittura – Spiritualità – Natura
2* appuntamento del Programma 2015
presso la Fondazione Barbanera – Spello (Pg)
(da sabato ore 15.00 a domenica alle ore 18.00)
con Pia Fanciulli, Luana Brilli, Monica Tomassoni,
e i “ Laboratori delle arti del silenzio” di:
Nicoletta Polla Mattiot: ”Il filo della storia. Dare forma al racconto di sé con carta e penna, stoffe e colori”.
Anna Noferi: “Mettere le mani in pasta: come cucinare ricordi. Il cibo della memoria ovvero la memoria del cibo”.
Isabella Dalla Ragione: “Piccoli tesori nascosti: riconoscimento e raccolta delle erbe spontanee e officinali”.
www.orizzontidallastronave.blogspot.com
Nina e il silenzio: una poesia
La Stampa, Biennale Democrazia e il silenzio
Etichette: accademia del silenzio, Biennale Democrazia, circolo dei lettori, Concorso Lingua Madre, TorinoLa logica dei social network e l’elogio del silenzio
Ricordando Tomas Tranströmer
Gli giunse un sogno più vivido
Ma non si svegliò.
Tra la gente nei raggi di sole
Forti e impazienti.
Io ero in una stanza che conteneva tutti gli istanti –
Un museo di farfalle.
I suoi pennelli impazienti dipingevano il mondo.
Perdiamo le parole
Etichette: John McWhorter, LaStampa, parole, silenzio, UnescoLa previsione più catastrofica è del linguista americano John McWhorter: «Tempo
cent’anni e il 90% delle lingue sulla Terra potrebbe essere estinto. Nel 2115 ne avremo
circa 600».
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Perdiamo le parole
Una stima estrema, forse una provocazione, ma che parla di un problema vero: il mondo
sta perdendo le parole. La varietà di idiomi e dialetti globali si sta consumando proprio
come la biodiversità naturale. Anzi, ancora più in fretta. Già oggi le lingue in difficoltà,
quelle che rischiano di sparire, sono tra 2400 e 3 mila nel mondo. Ed è per questo che
sabato prossimo, come ogni 21 febbraio, tornerà la giornata internazionale Unesco per la
lingua madre.
Un’iniziativa che questa volta avrà anche una dimensione digitale. Tra i progetti collegati
alla giornata ce n’è uno – chiamato «Tweet in your #MotherLanguage» – che suggerisce
di usare i social network, e in particolare Twitter, per il compito di proteggere le lingue in
pericolo. La proposta è questa: almeno per un giorno, niente cinguettii e messaggi nel
solito inglese. Ognuno usi la Rete per scrivere nel proprio idioma nativo, mettendo alla fine
un hashtag con il nome della lingua (ad esempio #arbëreshë) e contribuendo così a farlo
girare.
Proprio l’egemonia dell’inglese come lingua internazionale e della modernità è tra i grandi
nemici della varietà linguistica. Basti pensare che l’italiano – che oggi di certo non si può
definire a rischio – figura solo nell’1,8% dei siti Internet globali. Il 55% del web è invece in
inglese. E ci sono lingue nazionali come sloveno, serbo, croato, ucraino che raggiungono
a malapena quota 0,1%. Gocce minuscole nell’anglofono mare digitale.
La colonizzazione
«In questa fase storica non c’è dubbio: l’inglese è una lingua colonizzatrice, che negli
ultimi 40 anni si è espansa e si sta ancora espandendo». A spiegarlo è Cristina
Guardiano, linguista dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Che precisa: «Ad essere a
rischio non sono le lingue ufficiali e che s’insegnano nelle scuole, ma quelle che hanno
perso vitalità. Quelle legate a comunità che si stanno estinguendo o dove nascono
bambini che non le imparano più come prima lingua».
Nelle Americhe
I problemi maggiori sono nelle due Americhe, dove ad essere «moribonde» o «dormienti»
– per seguire la definizione dell’osservatorio Ethnologue – sono 335 lingue su 1060. Idiomi
indigeni come l’Irántxe, parlato in Brasile da meno di 40 persone. E altri arrivati a quota
zero, forse svaniti. «In questi e altri casi – prosegue Guardiano – è difficile pensare a un
antidoto. Riportare artificialmente in vita una lingua che si avvia ad essere dimenticata ha
poco senso. Molti studiosi credono in operazioni di questo tipo, ma le lingue sono
organismi naturali: la loro evoluzione non si può forzare».
L'articolo è scritto da Stefano Rizzato - La Stampa, 17 febbraio 2015
Abbiamo bisogno di più silenzio
Etichette: giornata, OMS, rumore, silenzio, uditoPurtroppo ormai fin da piccoli siamo sottoposti a livelli di rumore sempre più elevati, ma ancor più ci sottoponiamo a suoni dal volume sempre più elevato e continuato.
Oltre all'ormai onnipresente rumore di fondo che ci segue anche durante il sonno, ci sottoponiamo quotidianamente e volontariamente a suoni pericolosamente elevati, attraverso l'uso continuo di telefoni, televisioni, walkman, ecc. sia in cuffia che no, con la frequentazione di luoghi come discoteche, locali, stadi, dove l'obiettivo sembra quasi quello di far arrivare allo stordimento grazie a musica e suoni riprodotti ad altissimo volume.
La conseguenza è un sempre maggior numero di persone con problemi di udito indotto. Ipoacusia, acufeni temporanei e permanenti, ma anche iperacusia sono ormai molto frequenti anche in persone molto giovani.
L'appello è quello di abbassare il volume, ma noi aggiungiamo anche il suggerimento a tornare ad apprezzare il suon del silenzio, (re)impariamo ad ascoltare l'assenza di suoni, ad ascoltare il silenzio!
Qualche parola sull'anima
Etichette: letteratura, poesia, silenzio, wislawa szymborskaRiceviamo da Lorenza e volentieri pubblichiamo:
Nessuno la ha di continuo
e per sempre.
Giorno dopo giorno,
anno dopo anno
possono passare senza di lei.
A volte
nidifica un po' più a lungo
sole in estasi e paure dell’infanzia.
A volte solo nello stupore
dell’essere vecchi.
Di rado ci da una mano
in occupazioni faticose,
come spostare mobili,
portare valige
o percorrere le strade con scarpe strette.
Quando si compilano moduli
e si trita la carne
di regola ha il suo giorno libero.
Su mille nostre conversazioni
partecipa a una,
e anche questo non necessariamente,
poiché preferisce il silenzio.
Quando il corpo comincia a dolerci e dolerci,
smonta di turno alla chetichella.
È schifiltosa:
non le piace vederci nella folla,
il nostro lottare per un vantaggio qualunque
e lo strepito degli affari la disgustano.
Gioia e tristezza
non sono per lei due sentimenti diversi.
E’ presente accanto a noi
solo quando essi sono uniti.
Possiamo contare su di lei
quando non siamo sicuri di niente
e curiosi di tutto.
Tra gli oggetti materiali
le piacciono gli orologi a pendolo
e gli specchi, che lavorano con zelo
anche quando nessuno guarda.
Non dice da dove viene
e quando sparirà di nuovo,
ma aspetta chiaramente simili domande.
Si direbbe che
così come lei a noi,
anche noi
siamo necessari a lei per qualcosa.
(Qualche parola sull'anima - Wislawa Szymborska)
Marina Abramovic e il silenzio
Etichette: accademia del silenzio, arte, artsy, marina abramovic, silenzioRiceviamo da Gabriel e volentieri pubblichiamo la segnalazione del bel sito di Marina Abramovic, un'artista che sul silenzio ha lavorato moltissimo e di cui si è occupato più volte anche questo blog:
While researching Marina Abramovic I found your post: http://blog.ascoltareilsilenzio.org/2010_04_01_archive.html. Great post, by the way.
I actually worked on Artsy's new Marina Abramovic page, and I think it would be a great resource for your readers. Our newly designed page includes Abramovic's bio, over 65 of her works, exclusive articles about her, as well as her up-to-date exhibitions – it's a unique Marina Abramovic resource. We also include Abramovic in our year-end editorial The Top 14 Living Artists of 2014.
I’d like to suggest adding a link to Artsy's Marina Abramovic page (https://www.artsy.net/artist/marina-abramovic-1), as I believe it would benefit your readers.
"Performance has to be mainstream art. This is what I'm fighting for."
-Marina Abramovic